Cosmetici pieni di plastica: la classifica dei brand pericolosi per la salute. Dopo aver appreso i nomi dei marchi, modificherai sicuramente le tue abitudini.
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Avere dei cosmetici che ci valorizzino sono sicuramente un must per noi stessi che dobbiamo trovare volta per volta il prodotto che meglio possa adattarsi alla nostra pelle o – quando si tratta di make-up – al nostro incarnato. Ognuno ha le proprie esigenze e per soddisfarle tutte, il mercato è davvero ricco di cosmetici che allietano ed incuriosiscono le consumatrici con packaging ammalianti e belli da vedere.
Tutto questo fa parte del marketing che si adopera per fornire prodotti che possano riscuotere successo. Ma cosa dobbiamo guardare quando acquistiamo? Certamente la bellezza con cui si presenta, ma prestiamo attenzione anche ad altri fattori, che sono certamente più importanti perché riguardano la nostra salute.
Cosmetici pieni di plastica, i brand pericolosi per la salute
Greenpeace ha testato i prodotti che usiamo nella vita di tutti i giorni, dal mascara alla cipria ed al rossetto. I brand posti sotto analisi sono, in ordine alfabetico: Bionike, Deborah, Kiko, Lancôme, Lush, Maybelline, Nyx, Pupa, Purobio, Sephora e Wycon. Da questi test è emerso che una percentuale elevata di prodotti – pari al 79% – presenta tracce di plastica, microplastiche nel 38% di questi casi. Sostanze che sono pericolose sia per l’ambiente che per la nostra salute ma che ad oggi non rientrano nella lista delle sostanze vietate in Italia con apposita legge.
Tra questi quindi i cosmetici nei quali è stata riscontrata un’elevata percentuale di plastiche, microplastiche e polimeri sono: Lush (99%) è quello piu’ viziato da queste sostanze, seguono con una percentuale molto simile Maybelline (85%), Deborah (84%) e Sephora (83%). Chiude la top five Wycon (78%).
Ma cosa sono le microplastiche? Esse si distinguono in primarie e secondarie: le prime sono delle minuscole particelle create per uso commerciale, cosmetici ed abbigliamento tra i settori dove vengono maggiormente impiegate. Le secondarie invece derivano dalla rottura di oggetti di plastica, creando danni ambientali non indifferenti. La rottura deriva da fattori quali radiazione solare. Quello che bisogna fare e su cui preme particolarmente Greenpeace è quello di vietare queste sostanze nocive ed abbracciare una policy di vita sostenibile.