“Sindrome di Medea”: la malattia che ha “ucciso” la piccola Elena Del Pozzo

In seguito alla tragica morte della piccola Elena, sempre più persone si interrogano sulla “Sindrome di Medea”. Ecco di cosa si tratta.

Sindrome di medea che cos'è
Elena Del Pozzo (Facebook)

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La morte tragica di Elena Del Pozzo ha sconvolto l’Italia, per l’efferratezza e l’identità della responsabile. La sua presunta scomparsa aveva lasciato con il fiato sospeso il Paese, poi la verità è venuta a galla e ha colpito tutti con la sua brutalità.

La piccina non era stata rapita, come si pensava inizialmente, ma era in realtà stata uccisa dalla giovanissima madre, Martina Patti. La ragazza è infatti crollata e ha ammesso le sue responsabilità durante il serrato interrogatorio delle forze dell’ordine.

Questa tragedia ha riportato sotto i riflettori una patologia, la cosiddetta “sindrome di Medea“, che colpisce a volte le donne. Una patologia terribile e che porta a gesti tremendi e improvvisi. Ma di cosa si tratta nello specifico e chi ne può soffrire? Come individuarla e agire nel modo corretto?

Cos’è la sindrome di Medea e come affrontarla

Il primo ad usare questo termine è stato lo psicologo Jacobs alla fine degli anni Ottanta, riferendosi a una donna e madre che per rivalersi sul compagno fa del male agli stessi figli. Nella mitologia greca, infatti, Medea, per vendicarsi del marito Giasone, innamorato di un’altra donna, arriva addirittura ad uccidere i suoi stessi bambini.

Questo complesso a volte non sfocia in nulla di fatto e rimane inconscio, ma altre volte, come eventualmente nel caso di Catania, dove la madre soffriva molto la rottura con l’ex compagno e la nuova relazione con un’altra donna, sfocia in tutta la sua ferocia. Secondo la dottoressa Eleonora Iacobelli, intervistata da Vanity Fair, ci sono alcuni campanelli d’allarme che non vanno sottovalutati e che dovrebbero mettere sul chi va là le persone vicine a chi ne soffre.

“Tra i segnali di “pericolo” si possono ravvisare: umore depresso o sbalzi d’umore, poca tolleranza alla frustrazione, mancanza di empatia, senso d’inadeguatezza, rabbia” spiega la psicoterapeuta. Importante il supporto da parte della famiglia, per evitare che questa condizione possa degenerare, e che può far da tramite con uno specialista in grado di aiutare la donna.

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