Pillola abortiva, come funziona? L’iter da seguire con l’aborto farmacologico e cosa succede al nostro corpo dopo l’assunzione della Ru486.
GLI ARTICOLI PIU’ LETTI DI OGGI:
- Abbronzatura e raggi UV: cosa è meglio per la nostra pelle tra crema solare e olio? La risposta sconcertante
- Kefir, ecco cosa succede al corpo se lo bevi ogni giorno: quasi nessuno lo sa
- Rughe sul collo e decolleté: diciamogli addio con questo antirughe economico e facilmente reperibile
L’aborto in Italia è ancora, ahimè, un argomento tabù e in pochi sanno realmente come funziona e qual è l’iter da seguire.
In molte strutture sanitarie infatti, il personale medico è obiettore di coscienza e ben 21 strutture nel nostro Paese non permettono l’interruzione volontaria di gravidanza proprio per questo motivo. Una donna quindi, che sceglie di intraprendere questo percorso, è costretta quindi a iniziare una vera e propria trafila, fatta di telefonate e ricerche online.
Una realtà difficile per tutte quelle donne che per motivi personali, lavorativi o famigliari, scelgono di non portare avanti la gravidanza. Una scelta che spesso fanno da sole, senza sostegno morale.
Ma come funziona l’aborto? In Italia, l’aborto volontario può essere intrapreso tramite due metodi: l’aborto farmacologico e l’intervento chirurgico. Nel primo caso, la richiesta per ottenere la pillola abortiva va fatta entro 63 giorni dall’ultima mestruazione, mentre nel secondo caso il tempo si allunga fino a 90 giorni.
Da quando poi si ottiene il certificato di volontà di interrompere la gravidanza a quando poi si abortisce, secondo quanto dice la Legge 194/78 deve trascorrere una settimana.
Per l’aborto farmacologico viene usata la pillola Ru486, che viene somministrata in regime ambulatoriale. Ma cosa succede di preciso al nostro corpo quando la assumiamo? Andiamo a vederlo nello specifico.
Pillola abortiva Ru486, cos’è e cosa accade al nostro corpo dopo l’assunzione
La pillola abortiva è una combinazione di due farmaci suddivisi in tre compresse che vengono somministrate per via orale da personale medico in due momenti diversi.
La prima compressa è a base di mifepristone, uno steroide complesso che blocca l’azione del progesterone (l’ormone necessario per portare avanti una gravidanza). Con questa compressa quindi, si causa la cessazione della vitalità dell’embrione.
Dopo 48 ore viene somministrata la prostaglandina che stimola le contrazioni uterine e provoca così l’espulsione dei tessuti embrionali.
La combinazione di queste due compresse quindi blocca la crescita del sacco embrionale e ne causa il distacco dalla parete dell’utero. In questo modo poi avviene la naturale espulsione di sacco, liquido amniotico, embrione e placenta.
Già dall’assunzione della prostaglandina, si iniziano ad avere perdite ematiche, che possono anche durare oltre i 10 giorni.
Ma non sempre la procedura va a buon fine. Infatti, dopo 2 settimane è necessario effettuare una visita, che verificherà l’esito. Nel caso in cui l’aborto non sia riuscito, è necessario somministrare nuovamente il farmaco, o procedere chirurgicamente.
Un percorso quindi complesso ma che con le nuove leggi è possibile effettuare in day hospital, in modo da garantire la privacy per tutte quelle pazienti che non vogliono rendere noto a famiglia o conoscenti del loro percorso e non sono così costrette a rimanere in ospedale.