Surimi, ma cosa c’è davvero all’interno? Le analisi fanno chiarezza – MAMMA MIA

Protagonisti delle pietanze estive di pesce, i surimi sono molto utilizzati: ecco scoperto cosa c’è davvero all’interno, le analisi fanno finalmente chiarezza

Surimi
Surimi (Pixabay)

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La nostra alimentazione spesso cambia in linea con le temperature, così da comportare una dieta più leggere con il clima estivo. Molto più frequenti sono le scelte alimentari che comprendono pietanze fresche, come insalate e secondi piatti freddi a base di proteine e verdure in accompagnamento. Proprio per l’importanza di una dieta completa e variegata, che comprenda anche la presenza di pesce, ricca di acidi grassi ed Omega-3, le insalate di mare sono estremamente consumate ed apprezzate in questa stagione.

Immancabili in questa variabile, i surimi hanno subito negli ultimi anni un vero e proprio incremento di acquisto, facendo slittare il fatturato delle case produttrici. Originario del Giappone, dove surimi significa proprio “pesce tritato”, nome che deriva proprio dalla sua lavorazione fresca, è stato importato in Italia subendo delle modifiche.

Di preparazione prettamente industriale, i surimi infatti a dispetto di quanto in molti continuano a credere, non contengono carne di granchio. Dovrebbero senza dubbio contenere polpa di pesce in quantità variabile, ma la verità è molto più complessa e preoccupante. Ecco svelati i risultati delle analisi condotte su questa tipologia di pesce, che svelano una realtà molto diversa.

Surimi: quello che non ti aspetti sulla composizione

Surimi
Surimi (Pixabay)

Hai sempre utilizzato i surimi all’interno delle insalate estive nella convinzione che contenessero polpa di granchio? La verità è molto lontana da questa popolare credenza e svela retroscena preoccupanti. I “surimi”, da cui il nome giapponese indica il tipo di lavorazione sul pesce fresco effettuata nel luogo di origine, hanno subito delle variazioni nell’importazione in Italia. La preparazione a cui sono sottoposti è infatti di tipo industriale, caratteristica già indicativa della qualità della loro composizione.

L’elemento allarmante è che nella maggior parte dei casi non viene nemmeno indicata la tipologia di pesce utilizzata, che può anche essere meno del 40% della totalità del prodotto. La restante parte è un composto di carboidrati e sostanze, come scarti industriali e additivi, che vengono impiegati per ottenere la forma ed il colore dell’alimento che conosciamo. La verità è che i principi nutritivi e l’apporto proteico di tale cibo sono ben inferiori a quello che crediamo, rappresentando quindi una scelta alimentare tutt’altro che salubre e da ridurre il più possibile.

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