Prende sempre più piede una nuova concezione del lavoro, la cosiddetta “Quiet Quitting”. Di cosa si tratta e cosa prevede nello specifico?
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I due anni di pandemia globale hanno cambiato profondamente non solo il nostro Paese, tra i più colpiti, ma anche il resto della popolazione mondiale, e non solo in termini di prevenzione e salute, ma anche su come viene concepito il modo di lavorare.
Durante i primi mesi del Covid, con migliaia di morti ogni giorno, si è assistito al fenomeno detto “Great Resignation“: in sostanza molte persone hanno deciso di dimettersi, preferendo, davanti a una situazione così drammatica, dare importanza ad altri valori nella vita, piuttosto che continuare a focalizzarsi solo sulla crescita professionale.
Ora che il picco di virulenza è passato e le vaccinazioni hanno abbassato notevolmente il tasso di mortalità, e le varianti sembrano essere più leggere e gestibili, la tendenza si è modificata, e gli esperti parlano di “Quiet Quitting“.
Quiet Quitting: cos’è la nuova tendenza che sta spopolando nel mondo intero
Nel corso della pandemia ovviamente le attività lavorative non si sono bloccate del tutto ma, dove possibile, le aziende hanno iniziato a utilizzare sempre più spesso lo smart working, ovvero il lavoro da casa. Oggi che la situazione è migliorata, sempre più persone hanno scelto di continuare ad usufruirne, e non solo. La tendenza ora è quella, fondamentalmente, di fare lo stretto indispensabile, senza più mettere al centro della vita la crescita professionale, ma solo per poter portare, come si suol dire, la “pagnotta” a casa.
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Millennial e giovani della Generation Z non sono più disposti a lavorare fino allo sfinimento, trovandolo inutile e ben pochi, secondo i sondaggi, si ritengono soddisfatti del posto di lavoro o ritengono la loro professione utile. Un dato preoccupante, che tocca in particolare la Gran Bretagna, tra le più colpite da questa crisi, dove solo il 9% si ritiene “engaged”. Va un po’ meglio negli Stati Uniti, dove tuttavia il dato è in discesa rispetto agli anni passati, il 31%.
A stupire, tuttavia, sono i dati che arrivano dalla Cina, da sempre uno dei Paesi più produttivi in assoluto, dove le nuove generazioni stanno iniziando a seguire questa nuova mentalità, e sono sempre più sfiduciati verso i datori di lavoro. I giovani ora seguono il “mo yu”, il “toccare i pesci”, ovvero mantenere l’impiego, ma con il minimo sforzo. Una nuova filosofia che sta già facendo sentire i suoi effetti sulla produttività di superpotenze come USA e Cina, appunto.