Torna a montare la polemica in merito agli abiti di Shein. Il colosso del fast fashion è sotto torchio per alcune sostanze fuori norma della sua produzione.
Alcune settimane fa, un documentario inglese ha scatenato non poche polemiche attorno a Shein, vero colosso del fast fashion, con milioni di clienti in tutto il mondo. Channel 4 Untold: Inside the Shein Machine ha scatenato l’indignazione di molti, a cvaausa delle condizioni in cui i suoi lavoratori sono impiegati. L’emittente britannica è riuscita ad installare delle telecamere nascoste all’interno dei capannoni di Canton, in Cina, dove migliaia di operai sono assunti per appena 550 Euro al mese.
I dipendenti vengono infatti pagati solo 4 centesimi per capo realizzato, e devono produrne 500 ciascuno, potendo contare su un solo giorno di riposo al mese. La giornata tipo di questi poveretti arriva fino a 18 ore di lavoro, con la pausa pranzo che viene utilizzata anche per potersi lavare, visto il misero tempo a disposizione.
Uno scandalo, che ora si arricchisce di un ulteriore gatta da pelare per la società cinese, che questa volta riguarda proprio i tessuti utilizzati e le sostanze in essi contenuti.
Shein: trovaate sostanzze tossiche nei suoi vestiti
A portare alla luce il tutto, Greenpeace Germania, che ha condotto un indagine, esaminando 47 capi Shein comprati in diversi Stati europei, e ha scoperto che inm aalcuni di essi sono presenti delle sostanze chimiche a livelli maggiori rispetto al consentito, che li rende quindi pericolosi sia per chi li indossa che per chi li produce, ovvero i soliti operai.
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Nel 96% dei capi esaminati è stata trovata almeno una sostanza chimica dannosa come formaldeide e nichel, mentre il 32% di essi contengono sostanze definite “preoccupanti” e circa il 15%, cioè 7 capi, hanno evidenziato una quantità illegale, pericolosa per l’uomo.
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I 47 indumenti testati sono stati presi in Italia, Spagna, Svizzera, Germania e Austria, e naturalmente sono solo una microscopica fetta del mercato immendso sul quale può contare il colosso del ready-to-wear. Una scoperta inquietante, e che nno ha avuto ancora una risposta ufficiale da parte del diretto interessato.