A tutti capita di dimenticare le cose o mettere in atto automatismi senza sapere il perché: spesso è tutto normale, altre volte invece si potrebbe trattare di prime avvisaglie di alzheimer o declino cognitivo.
Ritrovarsi in macchina a percorrere sempre la stessa strada anche quando bisognava andare da un’altra parte; oppure non saper ritrovare la strada di casa a causa di un piccolo intoppo o deviazione. Nel primo caso si tratta di un sintomo dovuto a stanchezza, distrazione oppure sovraccarico di informazioni non necessarie. Nell’altro si potrebbe parlare di un’avvisaglia di Alzheimer, declino cognitivo o altre patologie neurodegenerative. A parlare dell’argomento in un recente articolo del Corriere della Sera è stato Alessandro Padovani, direttore della Clinica di Neurologia all’Università di Brescia.
In particolare Padovani ha voluto distinguere tra quelli che potrebbero essere considerati semplici sintomi di distrazione o stanchezza (che ci portano a dimenticare alcune cose) e quelle che invece potrebbero essere lette come prime avvisaglie di problemi neurologici. La memoria è infatti uno dei primi ambiti interessati dai disturbi neurodegenerativi, in particolare quella spaziale. Anche l’incapacità di associare nomi a volti per noi particolarmente noti potrebbe essere un sintomo da prendere in seria considerazione, capacità che prende il nome di memoria binding.
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In generale i 2/3 dei pazienti cominciano a manifestare disturbi di memoria in età avanzata, a partire dai 75 anni. Ma è proprio allora che il fattore età entra in gioco anche da un punto di vista fisiologico, cioè per quanto riguarda il normale decadimento cellulare. Come tutte le altre, infatti, anche le cellule cerebrali invecchiano col passare del tempo, le associazioni neuronali diventano più lente e spesso diventa difficile attuare tecniche di memorizzazione o nuovi percorsi di apprendimento.
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Fare una diagnosi precoce per lieve decadimento cognitivo può dunque essere problematico, in quanto ci si può trovare davanti a situazioni di ambiguità. Inoltre bisogna sottolineare che le persone anziane rischiano di vivere con ansia e preoccupazione il fatto di scoprire che le loro défaillance di memoria sono anormali. “Ogni anno circa il 10-15% di persone con una diagnosi di decadimento cognitivo lieve svilupperà demenza; un altro 15% lo farà dopo due anni, un altro 15% dopo tre: osserviamo una certa evoluzione della malattia che interessa un numero crescente di persone a distanza di tempo“, ha affermato il medico.
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Ma non tutto è perduto: soprattutto nelle fasi precoci rallentare o addirittura invertire il trend degenerativo della memoria è possibile. Soprattutto migliorando il proprio stile di vita ed eliminando alcuni fattori quali alcol, fumo. Oppure curando una depressione, un diabete o un’ipertensione. Migliorare la dieta, dormire di più e fare una vita più attiva possono concorrere positivamente a mantenere il cervello giovane più a lungo.
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