Shein: la nuova collezione fast fashion è un bluff?

Anche Shane dopo Primark lancia la collezione dalle bottiglie di plastica per un tocco sempre più verde l’ennesima produzione verde che ormai diventa un competitor a tutti gli effetti.

Dopo le campagne mirate alla raccolta fondi per la lotta al covid la linea Shein torna con un nuovo progetto dove vede anche partnership con volti noti come Cecilia Rodriguez o altri artisti emergenti anche questa azienda ha deciso di abbracciare la moda circolare, dunque ecco che arriva la produzione di indumenti con poliestere proveniente dal riciclo delle bottiglie di plastica, una collezione super green.

 

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Diciamo che per molti l’azienda Shein è vista  come un Greewashing ovvero come una di quelle aziende che per strategia di marketing presenta progetti ecosostenibili cercando di occultare l’impatto ambientale negativo.

Shein: tra sostenibilità e greewashing, si tinge di verde

 

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Il modello di business di chi è considerato greenwashing è un una produzione senza sosta di bassa qualità, che inizia a produrre green per ragioni di marketing. Ecco che anche Shein si colora di verde, il brand vende abiti tutti nuovi sempre, che partono dai 4 ai 16 €,  pronti per essere sfoggiati sui social media, questa è la nuova collezione Shein che si definisce una visione amichevole per il futuro, mirata al miglioramento e all’evoluzione della coscienza che può essere intesa non solo come miglioramento del tessuto ma anche per me progressiva trasmissione interazione della coscienza di responsabilità ambientale della marca.

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Quello che non convince non è tanto il messaggio che si vuole lasciar passare ma più che altro il fatto che le creazioni vendute a così pochi euro non fanno immaginare nulla di etico, quel pezzo ultra conveniente non è altro che il frutto di lavoratori sfruttati, che non hanno un salario minimo o che sono pagati a nero o a costo minimo, in un ambiente che continua ad essere la spugna delle emissioni nocive di questo tipo di realtà, un incremento della spazzatura che non si riuscirà a smaltire.

Si tratta di una bulimia dell’acquisto, abiti che si rovinano dopo poco, che si scoloriscono quando vengono lavati e che non durano più di una stagione a dirla lunga, collezioni che restano disponibili per pochissimo tempo e se non apprezzate abbastanza finiscono immediatamente nella pattumiera, non si sta acquistando nulla di esclusivo.

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Per realizzare capo di poliestere riciclato a norma occorre togliere i tappi delle bottiglie, pulire ogni singola bottiglia da vari residui con acqua calda eliminando etichette e riducendo la plastica in frammenti da lavare ancora un’altra volta, per rendere il materiale libero da residui, dopodiché potrà essere trasformato in filati questa volta privi di tracce di petrolio. Quello che viene contestato è che un top venduto a 5€ che arriva con una spedizione dall’altro capo del mondo non può essere definito un circuito virtuoso della sostenibilità.

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