Negli ultimi giorni, le parole di Elisabetta Franchi hanno dato il via ad innumerevoli discussioni: i social sono impazziti. Abbiamo letto e sentito le parole di ragazze ed imprenditrici: alcune hanno sostenuto la stilista, altre si sono accanite contro la decisione presa per la sua azienda. Ma cos’è successo davvero e come ha rimediato la Franchi per calmare la bufera?
“Ai vertici solo donne over 40, hanno già superato gravidanze e separazioni“. Questo è quanto affermato dalla stilista e animalista Elisabetta Franchi. Sono state parole che hanno colpito nel segno ampie categorie femminili: dalle più giovani, sentitesi automaticamente escluse dalle opportunità aziendali, alle più grandi, che difendono il diritto delle ragazze a mettersi in gioco con le proprie capacità e le proprie risorse per costruire un percorso di carriera e crescita.
I social sono stati scossi da un vero e proprio terremoto: la bufera ha portato a campagne di difesa del diritto di lavoro e maternità.
Durante un evento organizzato da Il Foglio e Pvc, l’imprenditrice a capo dell’omonima casa di moda ha dichiarato che nel suo ambiente ci sono figure femminili in ruoli importanti, ma tutte appartenenti alla categoria degli “anta”, dunque donne cresciute.
Elisabetta Franchi ha argomentato la sua scelta, chiarendo che nella sua posizione, davanti ad obiettivi importanti da raggiungere nel lungo termine, non può permettersi figure manageriali che si assentino per due anni, con il rischio di non poter rientrare a lavorare nemmeno oltre il periodo di maternità.
E’ per questo motivo che ha lasciato più spazio agli uomini per quanto riguarda la dirigenza dell’azienda, oppure a donne adulte che avessero già una famiglia e dei figli. Questo le ha permesso di crearsi un team focalizzato composto da membri che si dedicano a lavoro anche h24, se necessario.
Elisabetta Franchi e l’orientamento a scegliere un team focalizzato, con il successo aziendale come priorità: come ha reagito alla polemica?
La stilista è stata costretta a tornare sull’argomento e specificare di essere stata fraintesa. Ha asserito, in seguito, che il 75% della sua azienda è composta da un team di giovani impiegate, mentre un 5% è rappresentato da manager donne.
Il 20% restante fa riferimento a dipendenti di sesso maschile, di cui il 5% è composto da figure manageriali.
Elisabetta Franchi ha tenuto a precisare che tutte le discussioni scatenatesi sul web sono state il risultato di un fraintendimento che ha strumentalizzato le parole dette durante l’evento.
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Il chiarimento della stilista non è servito a placare l’ira degli oppositori. Le proteste si sono estese anche al di là della realtà virtuale: davanti al punto vendita di Bologna, in Galleria Cavour, il sindacato di base Adl Cobas e i centri sociali Labas e Tpo hanno organizzato una manifestazione con megafoni, cartelli e uno striscione recante la scritta “Diritti fuori moda? La nostra dignità prima dei vostri business”. Sulle vetrine del negozio, invece, appaiono le parole “Giovane e donna? Siamo Franchi: assumere non è di moda”.
Gli attivisti non hanno esitato a mostrare la loro contrarietà, difendendo “la dignità e le scelte delle giovani donne, non a disposizione di chi pretende di dare lezioni di vita mentre le tasche si riempiono sulla pelle di chi lavora”. Asseriscono, ancora, che sposarsi ed avere figli non è certo un obbligo, non è scontato, ma è altresì una scelta che chiunque è libero di compiere, senza trovarsi costretto a rinunciare alla realizzazione personale e alla propria autonomia lavorativa.
La presidente dell’Emilia Romagna, Annalisa Sassi, è intervenuta a favore della Franchi, facendo capire che si è trattato di un fraintendimento, poiché siamo di fronte ad un’imprenditrice capace ed estremamente attenta ai diritti e al rispetto della donna.
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In conclusione, una scelta concentrata sull’attribuire ruoli di dirigenza ad un team che faccia del successo aziendale una priorità di vita è stata travisata ed interpretata come un attacco alle generazioni femminili più giovani.
“Lavorare nel mondo del fashion richiede disponibilità, reperibilità, ritmi intensi e dedizione”, dice la Franchi, chiarendo che spesso queste caratteristiche coincidono con delle rinunce nella sfera privata. Si tratta di sacrifici per garantire continuità e presenza nell’attività lavorativa e non tutte le donne sono disposte o hanno la possibilità di compierli.
Inoltre, è molto più probabile che una donna arrivi a ricoprire una carica manageriale dopo anni di esperienza sul campo: questo fa spesso in modo che i ruoli di gestione aziendale siano assegnati alla categoria “anta”, e si tratta di un discorso valido anche per gli uomini.